IL GIUDICE DI PACE
 Ha emesso la seguente ordinanza letti gli atti della  causa  R.G.  n.
 252/1995, osserva:
                               In fatto
   Mediante  ricorso  proposto ante causam "ex artt. 700 e 669-ter" il
 condominio  "Flaminio  R.   3"   corrente   in   Fano,   in   persona
 dell'amministratore,  impetrava  a questo giudice di pace l'emissione
 di un'ordinanza nei  confronti  dei  condomini  sigg.  Calamandrei  e
 Chiaretti,  che  ingiungesse  loro  di sopportare ("pati") l'ingresso
 forzoso   dell'amministratore   e   di   "personale   di    settore",
 appositamente  autorizzati,  nel  loro  alloggio  condominiale, cio',
 all'effetto  di  procedere  al  distacco  del  servizio   comune   di
 riscaldamento,  in  ragione  del  mancato  pagamento - da lungo tempo
 perdurante - delle loro quote dei canoni di esercizio.   Deduceva  la
 facolta'  esplicitamente  attribuita  all'amministratore dell'art. 63
 cpv.disp.att c.c. ("L'amministratore... puo' sospendere al condominio
 moroso l'utilizzazione dei servizi  comuni...")  e,  dimostrando  per
 acta  la  ricorrenza in concreto delle condizioni ivi descritte (mora
 almeno semestrale,  autorizzazione  all'amministratore  prevista  nel
 reg.   condominiale),  impetrava  al  giudice  di  pace  la  concreta
 strumentazione   della   sua   domanda   mediante   l'emissione   del
 provvedimento d'urgenza.
                              In diritto
   "Le  cause  relative alla misura e alla modalita' d'uso dei servizi
 di condominio di case", nelle quali rientra la fattispecie  concreta,
 sono  comprese fra quelle di competenza del giudice di pace (art.  7,
 quarto comma, n. 2, c.p.c.); peraltro, l'art. 669-ter,  cpv.,  c.p.c.
 prescrive  che,  ove per la causa di merito sia competente il giudice
 di pace, la domanda che ante causam avvia il  procedimento  d'urgenza
 debba  essere  proposta  al  pretore  (e da questi, conseguentemente,
 decisa).
   Nella  pregressa  normativa  processuale,  l'intera  competenza  in
 materia di misure d'urgenza ante causa spettava al pretore (art. 701,
 parte 1); viceversa, nell'ordinamento precessuale vigente,  tutte  le
 giurisdizioni  di  merito sono titolari dei relativi poteri d'urgenza
 (art.  669-ter,  primo  comma),  tranne  il  giudice  di  pace  (art.
 669-ter.,  cpv.).  Pertanto,  dal  momento  che  la vigente normativa
 giusprocessualistica ha riportato i poteri d'urgenza nell'alveo delle
 generali competenze di merito, la esclusione dal giudice di  pace  da
 una  coerente  applicazione  di tale principio non risulta facilmente
 spiegabile.
   In  linea  generale,  gia'  la  dottrina  (redenti)  lamentava  "la
 discontinuita'"  fra  la  fase  cautelare  e  il  giudizio di merito,
 confessando "di non sapervi dare una  ragione  logica  soddisfacente"
 (Dir.proc.civ., vol.  III, pag. 95); e la giurisprudenza ha per fermo
 che  "il  provvedimento di urgenza e' strettamente legato al giudizio
 di merito e alla sentenza  che  lo  conclude;  poiche'  con  esso  il
 procedimento   non   ha  termine,  non  viene  meno  il  rapporto  di
 continuita' fra la fase  cautelare  e  quella  di  cognizione;  avuto
 riguardo  al collegamento con il giudizio successivo, l'autonomia del
 procedimento cautelare non sussiste" (da ultimo, Cass. 3 luglio  1995
 n. 7359).
   Anche  alla  luce  di tale insegnamento, pare a questo g.d.p. che -
 nel  nuovo  processo  -  la  soppravenuta  coincidenza  del  "giudice
 dell'urgenza"   con   il   "giudice   del   merito"  interpreti  piu'
 correttamente l'art.  25 Cost., nel senso che meglio  vi  corrisponda
 che  il  "giudice  naturale  precostituito per legge" coincida con il
 "giudice  competente  per  il  merito",  e  questi  con  il  "giudice
 dell'urgenza".
   In   effetti,   l'aggiunta   e   la  sottolineatura  dell'aggettivo
 "naturale" accanto a "precostituito per legge"  non  ha  puro  valore
 pleonastico,  a  mo'  di  endiadi, ma significa specificamente che la
 legge deve garantire "la certezza" dell'identificazione  del  giudice
 (art.  25 Cost., gia' art. 20 del progetto discusso e approvato nella
 seduta del 15 aprile 1947, vedansi, in  particolare,  gli  interventi
 Riccio  e  Tupini  in  Att.Ass.Cost.,  pg. 2875); la quale "certezza"
 sembra meglio garantita dalla concentrazione  nello  stesso  giudice,
 dei poteri d'urgenza e di quelli di merito.
   La  regola  generale  introdotta  dall'art.  669-ter,  primo comma,
 imporrebbe dunque che il g.d.p., quale giudice "del merito"  indicato
 nell'art.   7,   quarto   comma,   n.   2,   coincidesse  con  quello
 "dell'urgenza", invece, a cio' sta la deroga di cui all'art. 669-ter,
 secondo comma.
   Nei rapporti di connessione fra cause (art. 40 c.p.c.),  esiste  il
 favor  del  legislatore  nei  confronti  del  tribunale e del Pretore
 rispetto al g.d.p., all'uopo di scongiurare (ragionevolmente: art.  3
 Cost.) il contrasto fra giudicati. Invece,  l'esclusione  totale  del
 g.d.p.    dalla    competenza    in    materia    d'urgenza   risulta
 irragionevolmente discriminatoria:
     perche' stabilisce surrettizziamente una sorta di  gerarchia  fra
 le  giurisdizioni,  in violazione degli artt. 107, terzo comma, e 101
 Cost., dal momento che  "distingue"  i  magistrati  fra  loro  (nella
 specie,  il  magistrato onorario nei confronti del magistrato togato)
 non gia' in base alla diversita' delle funzioni,  ma,  al  contrario,
 nell'esplicito  pressupposto  dell'identita'  della  funzione (quella
 d'urgenza);
     perche' sottrae irragionevolmente al giudice onorario la funzione
 d'urgenza la quale, essendo attribuita  anche  al  Pretore,  potrebbe
 dunque  essere esercitata dal g.d.p. nelle materie di sua competenza,
 cosi' come "tutte le altre funzioni  attribuite  a  giudici  singoli"
 (art. 106 cpv. e 3 della Costituzione);
     perche',  provocando  inutili  ritardi  ed  aggravi  procedurali,
 risulta  incoerente   con   il   principio   del   "buon   andamento"
 dell'amministrazione  giudiziaria  (artt.  3  e 97, primo comma della
 Costituzione).